sull’imperfezione
Siamo sicuri di dover aspirare alla perfezione? Io no.
Io voglio aspirare all’imperfezione, all’asimmetria e nei canoni ci sto stretta.
Siamo abituati a dare al termine “imperfezione” un’accezione negativa, senza considerare la personalità, il carattere e il fascino (perchè no?) che quel difetto può conferire.
Credo che da una parte sia rassicurante circondarsi di ciò che è perfetto, omologato: si macchia la maglietta indelebilmente? Basta comprarne una uguale. Hai rotto un piatto del servizio? Se ne acquista uno nuovo e nessuno noterà la differenza rispetto agli altri.
Famiglie felici, tra arredi e complementi impeccabili, ci sorridono da cataloghi che ormai somigliano sempre più a manuali di autostima spicciola: “vivi la tua vita”, “goditi il tuo spazio”. Eppure se mi guardo indietro, gli ambienti in cui mi sono sentita più viva sono stati quelli decisamente imperfetti, gli oggetti che ho amato di più sono stati quelli che, per le loro particolarità, non potevano essere rimpiazzati.
Nella migliore delle ipotesi, ciò che esce dalla produzione con una diversità (mi piace più considerarla così piuttosto che difetto di fabbrica) viene svenduto, altrimenti gettato via.
Ora, diciamo che esistono diversi tipi di imperfezioni, certo non sto elogiando e non mi riferisco a quel difetto indice di trascuratezza, sto parlando invece di quell’imperfezione che diventa caratteristica. Quanto più intorno a noi l’anonimato imperversa, l’irregolarità ricercata diventa rara e inestimabile, rende quel manufatto insostituibile.
Da questo punto di vista è la perfezione ad avere un’accezione negativa, e certi artigiani se ne discostano volutamente, imperfettamente creano oggetti che sono opere d’arte. Producono oggetti che rappresentano l’antitesi dell’esasperata e asettica regolarità e simmetria che troviamo nelle produzioni non artigianali.E come aspettarsi altrimenti? Se è vero che ciò che creiamo ci assomiglia, potrebbe una persona realizzare qualcosa di perfetto o una macchina produrre qualcosa che abbia un’anima?
Io credo che l’eccellenza nel lavoro creativo non sia altro che la capacità di riversarci dentro un oggetto, così come siamo… la capacità di assecondare l’imperfezione è un talento.